Istanbul

Cinque giorni a Istanbul

Istanbul

"Il Bazar è un vero labirinto. Colpisce per la vastità e per le volte giallo oro, ma in sostanza è come tutti gli altri suk, con le solite cianfrusaglie per turisti, molto abbigliamento firmato “taroccato” e qualche botteguccia interessante di artigianato e arte orafa..."

Periodo: inverno

Il nostro gruppo ristretto di 4 viaggiatori, molto collaudato, è piuttosto eterogeneo: copre 3 generazioni, dai 16 ai 75 anni (la nonna è il nostro “boss”). Viaggiamo sempre con un budget limitato, perciò siamo dotati di  buon spirito di adattamento!
Per andare a Istanbul decidiamo di evitare di volare low cost, per non atterrare a Sabiha Gökçen, un aeroporto fuori dal mondo. Inoltre i voli low cost  disponibili da Milano partono al pomeriggio e rientrano al mattino,  e prendendoli perderemmo praticamente due  giornate solo per il viaggio.

 

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Alla ricerca di un compromesso fra comodità e costi scoviamo una combinazione con Swiss Air: Malpensa-Zurigo con partenza verso le 7 del mattino, in coincidenza con Zurigo-Istanbul, arrivo ora locale alle 13.30. Al ritorno partenza alle 17.15 e arrivo  Malpensa, ora locale, verso le 21. La durata totale è sempre la stessa (circa 5 ore totali), l'andata sembra più lunga perchè si perde un'ora per il fuso orario. Il costo è di circa 160 euro a testa, andata e ritorno, ma dato  il poco anticipo, non si discostava molto dalle tariffe delle compagnie low cost.

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Il comfort di volo però è ottimo, nonostante la seccatura dello scalo. Da bere e da mangiare e perfino delle tavolette di cioccolato, ovviamente svizzero, da leccarsi i baffi. Atterraggio ad Ataturk,  a solo 40 minuti di auto dal centro città. Particolare da non trascurare, sono già compresi nel prezzo del biglietto 23 kg di bagaglio in stiva, oltre al bagaglio a mano, così non occorre star lì a  centellinare le cose da portarsi.

Volendo si può fare il chek-in on line con la scelta del posto. Cosa vuoi di più dalla vita?

Sulla base di esperienze precedenti scartiamo gli hotel e rivolgiamo la nostra preferenza verso un appartamento, sistemazione che ci consente maggiore libertà e che ci dà la possibilità di cucinarci quello che ci piace. Cerchiamo una sistemazione “molto turca” in un quartiere autentico, dove potersi immergere veramente nella vita del luogo, tuttavia centrale e poco distante dalle consuete attrazioni turistiche, sia di tipo culturale che commerciale.  Restiamo colpiti delle foto di un appartamento viste sul web: pavimento in legno, pareti e soffitti istoriati, tappeti colorati, montagne di cuscini. Sembra adatto alle nostre esigenze: 2 camere, salottino, bagno, cucina abitabile, perfino la lavastoviglie e il wi fi. Contattiamo via e-mail il proprietario, un italiano che vive da tempo in Turchia (vedi sito "Compagnia del relax"). Data la bassa stagione può offrirci un  “pacchetto” allettante: affitto della casa per 3 notti, transfer con pullmino riservato dall’aeroporto all’appartamento e viceversa,  una carta magnetica per i mezzi pubblici pre-caricata con 10 lire turche a testa  (le tessere sono comode e consentono di viaggiare con tariffe scontate) e una giornata intera con una guida professionale dedicata, il  tutto alla modica spesa di 500€.

Con un piccolo pagamento extra un bel po’ di litri d’acqua minerale già disponibili nell’appartamento e anche delle lire turche per le prime spese.  Volendo si può anche avere la colazione pronta in frigo, oppure trovar già la spesa  fatta (basta dare la lista). Noi decliniamo perché preferiamo portarci un po’ di cibo dall’Italia, tanto non ci son problemi di bagagli! Il pagamento è anticipato.

Anche se un po’ titubanti accettiamo il rischio, paghiamo e incrociamo  le dita.

Il viaggio fila liscio e troviamo l’autista ad aspettarci all’aeroporto di Ataturk. Il tragitto dall’aeroporto alla città,  è scorrevole, arriviamo in poco tempo nel distretto di Beyoglu, che sorge su una collina nella parte europea, più moderna, della città; è la zona commerciale e dei consolati, delle ambasciate.

Purtroppo l’autista fatica a trovare la via che gli indichiamo, Faik Pasa, ci scarica  nella via sbagliata e riparte a razzo. Dopo un attimo di smarrimento cerchiamo di identificare l’impronunciabile nome della via in cui  ci troviamo e chiamiamo in soccorso la ragazza italiana che ci aspetta a casa per darci le chiavi. E’ molto gentile e arriva in pochi minuti, non siamo lontani dalla casa.  L’appartamento è in un palazzo di 200 anni, caratteristico del quartiere; l'ingresso ha un’aria piuttosto dimessa.

All’interno ci attende una scala a chiocciola ultraripida. “Terzo piano senza ascensore”. La luce del giroscale è rotta, bisogna arrangiarsi ad inerpicarsi su quegli erti scalini nella semi oscurità. Cominciamo ad essere un po’ preoccupati. Tutto sommato però l’appartamento è carino, luminoso, pulito e caldo, anche se le foto sul sito lo facevano sembrare molto meglio. La ragazza italiana ci dà le piantine della città, ci  spiega come funzionano le tessere per i mezzi pubblici, ci dà indicazioni su posti dove andare  a mangiare e così via. Ci dice di chiamarla se abbiamo qualche problema. 

Noi pensiamo che la prima cosa da fare sia assolutamente quella di andare a comprare una  torcia elettrica, altrimenti finisce che su quella scala al buio ci ammazziamo.

Il quartiere dove si trova la casa si chiama Çukurcuma. E’ tutto un saliscendi, un dedalo di viuzze costellate di negozietti di antiquariato e vintage, come un gran mercato delle pulci. Camminando senza fretta, curiosando nelle botteghe, ci godiamo l’atmosfera unica e pittoresca, i palazzi retrò, i piccoli bar e la gente.

Raggiungiamo piazza Taksim, mentre si sta  facendo buio. Sulla via commerciale che da lì parte, la famosa Istiklal Caddesi, sono accese luminarie come  fosse Natale.  E’ sabato sera, la via brulica di gente. Look all’europea insieme a lunghi pastrani e capelli coperti da foulard colorati. Un piccolo tram d’epoca percorre la via sferragliando fra la folla.  Indugiamo un po’ per i negozi, ma la mercanzia non soddisfa molto i nostri gusti.

La città, anche se è sera, ci sembra sicura, non abbiamo nessun problema a transitare per le viuzze del nostro quartiere turco nel tornare verso casa. Data l’alzataccia siamo piuttosto stanchi, mangiamo qualcosa e  poi crolliamo. Fortuna che i letti sono comodissimi. La domenica mattina  ci sveglia un sole meraviglioso, ma fuori il freddo è polare. Scendiamo a comprare due filoni di pane al forno dietro casa, è talmente buono che a colazione lo facciamo fuori tutto.  E’ la giornata “culturale”, abbiamo appuntamento con la guida alla fermata di Tophane,  vicino al mare,  alle 9. Percorriamo la strada in discesa in pochi minuti e ci troviamo di fronte alla Moschea  di Kilic Ali Pasa. Mentre aspettiamo diamo una sbirciatina, ma non ci fidiamo ad entrare perché ci sono parecchi fedeli.

La nostra guida è simpatica ed energica. Concordiamo di fare il “tour classico”, quindi partiamo subito per Sultanhamet col tram veloce, che è praticamente una metropolitana di superficie.

Siamo a destinazione in poche fermate. Cominciamo la visita guidata dall’Ippodromo, una piazza lunga a forma di U dove nell’antichità si facevano le corse con le quadrighe. La guida comincia ad introdurci alla storia millenaria della città, noi siamo molto attenti, facciamo parecchie domande. Lei è molto preparata, è contenta che l’ascoltiamo con interesse e scherza dicendo che poi ci farà un esame. Ci incamminiamo lungo la piazza, dove ci sono le tre famose colonne (l’obelisco di Teodosio, la colonna serpentina e la colona di Costantino). 

Entriamo nella spettacolare Moschea Blu dall’ingresso riservato ai visitatori. Nelle moschee l’ingresso non è a pagamento, la guida dice che sono luoghi d’accoglienza, aperti a tutti. Però bisogna togliersi le scarpe e portarsele appresso in un sacchettino di plastica apposito. Magari avessimo avuto con noi un paio di calzettoni da indossare al momento, almeno non ci saremmo congelati i piedi, dato il freddo cane. Vedendo il sole non avevamo immaginato che la temperatura potesse essere così rigida!

La moschea lascia a bocca aperta, sia fuori, con i suoi 6 minareti (solo uno in meno rispetto alla Mecca)  che dentro, con le  spettacolari maioliche che creano disegni da mille e una notte e con i giganteschi lampadari bassi bassi, perché una volta avevano lumi ad olio.  Usciti dalla moschea beviamo un tè caldo (chay) nel tentativo di contrastare il gelo, poi ci dirigiamo verso il Topkapi, il palazzo imperiale. L’ingresso costa 20 LT. Non c’è molta fila, comunque la guida va a fare i biglietti e  ci fa saltare  anche quel po’ di fila che c’è. In ogni posto che visiteremo ci farà saltare la fila.

Il  complesso è molto grande, con varie porte e cortili interni. Noi ci dirigiamo direttamente all’Harem. Ci vogliono altre 15 LT, ma ne vale assolutamente la pena. La guida  non solo ci fornisce notizie sulla storia e sull’arte, ma ci racconta tanti aneddoti, che ci aiutano a immaginare donne ed eunuchi aggirarsi per quei locali, mentre il sultano, sontuosamente abbigliato, percorre a cavallo il sentiero lastricato di ciottoli.  Andiamo a vedere le sale con gli abiti dei sultani, i troni  e il tesoro, passando disciplinatamente in fila davanti a tutte le vetrinette.

La sala migliore è la quarta, dove sono custoditi il diamante detto “dei cucchiai”, di 86 carati, e il pugnale d'oro con smeraldi giganti del film "Topkapi".  Visitiamo anche il padiglione di Bagdad e la sala delle Circoncisioni, tutti decorati di maioliche. Ci toccherebbero anche le reliquie nell’appartamento del sultano, ma decidiamo di lasciar perdere. L’architettura è  bella, e anche le decorazioni, solo che tutte quelle maioliche fiorate ci stanno facendo girare la testa. Uno solo di noi va all’armeria, gli altri se ne stanno un po’ davanti alla “Porta della felicità”, seduti al sole, a riposare e a riscaldarsi ai tiepidi raggi del primo pomeriggio. 

Dopo mezzo panino mangiato al volo, ci rechiamo a  Santa Sofia (20 LT). La struttura non è più utilizzata per la preghiera, perciò si possono tenere le scarpe, per fortuna.  Ex basilica, ex moschea ora è solo un museo, con alcuni bei mosaici bizantini. Complessivamente lo stile è a noi più familiare, tranne che per gli enormi  pannelli di forma circolare con scritte in arabo (“Maometto”,”Allah”..), tipici delle moschee.

Di fronte a Santa Sofia ci fermiamo a comprare delle caldarroste da uno dei tanti ambulanti: fanno gola perché sono belle grosse, ma per risparmiare tempo e legna la cottura è talmente rapida che sono praticamente crude, altamente  sconsigliabili!

Abbiamo fame, perciò le mangiamo ugualmente. Attraversiamo la strada  e siamo alla Cisterna-Basilica, con un imponente colonnato sotterraneo suggestivamente illuminato. Paghiamo e poi ci incamminiamo sulla passerella in legno fino alla colonna delle lacrime, sempre misteriosamente bagnata solo da un lato, e facciamo girare la mano mettendo il pollice nel buco, esprimendo un desiderio, come vuole la tradizione.

Sempre accompagnati da una melodia flautata che viene diffusa nell’ambiente, giungiamo fino alle teste della medusa, che si trovano scolpite alla base di due colonne e ritorniamo. Ci sono lavori in corso, quindi non è bello come di solito, dice la guida, ma a noi piace. Però ora sono le 4 del pomeriggio e siamo un po’ stanchi.  Discutiamo se  andare a scaldarci e rilassarci al bagno turco. La guida ce lo consiglia, dice di andare dove va lei, al  Çemberlitas, perché  l’ambiente è molto piacevole e le donne vengono lavate da donne e non da maschi come in altri bagni più turistici.

Fra di noi però c’è una sedicenne che non se la sente. Decidiamo di tornare a casa a farci una doccia calda e una bella  pastasciutta, con tutti ingredienti portati dall’Italia.  Alle 9 del mattino del lunedì siamo già al Bazar delle Spezie. Le bancarelle sono quasi tutte uguali, con i soliti imbonitori che cercano di fare il loro lavoro  facendoti spendere più soldi possibile. Tuttavia è abbastanza caratteristico, e poi qualche spezia è d’obbligo portarla a casa.

Attraversiamo il piazzale per recarci all’imbarcadero di Eminonu,  per partire per la crociera sul Bosforo, passando davanti ad una sorprendente fila di postazioni di lustrascarpe. Partenza del battello della IDO (la compagnia pubblica) alle 10.30.

Noi arriviamo parecchio prima, ma c’è già un bel po’ di gente. La crociera è molto piacevole. Nel primo tratto si ammirano per la maggior parte palazzi (come il palazzo  Dolmabahce  col suo fronte sul  mare di 600 metri) e moschee sulla sponda europea, quindi si guarda a sinistra. Nella seconda parte  si vedono ville,  caratteristici porticcioli e le  tipiche case di legno che ora pare valgano una fortuna,  che si trovano soprattutto sulla sponda asiatica, quindi si guarda a destra.

Purtroppo il Palazzo Beylerbeyi,  subito dopo il ponte sul Bosforo, si vede solo da lontano. Il tragitto dura 90 minuti e si arriva alle porte del Mar Nero. Il battello fa alcune fermate, l’ultima sulla sponda asiatica ad Anadolu Kavagi, dove i ristorantini di pesce alla buona si susseguono uno dopo l’altro, e gli avventori vengono invitati a gran voce. Noi avevamo deciso di prendere il biglietto di sola andata (12 LT), per non dover restare tre ore ad Anadolu Kavagi (il battello arriva a mezzogiorno e riparte alle tre) e per non rifare lo stesso tragitto in barca al ritorno.  Prendiamo il bus, per il quale va bene la stessa tessera dei trasporti pubblici di Istanbul città, e cominciamo a scendere lungo il Bosforo, percorrendo la zona asiatica.

Non è un viaggio suggestivo come quello in  barca, però si vedono altre cose, si vede la vita della gente del posto, tutti gli  studenti in divisa che escono dalle scuole, le donne in nero col volto velato e le borse della spesa.. Scendiamo a Kanlica, dove c’è un porticciolo caratteristico e ci fermiamo a mangiare il pesce in un ristorantino con vista magnifica sul Bosforo, “Yacamoz”. Assaggiamo anche un dolce tipico al cucchiaio a base di semolino e lo yogurt di Kanlica che, con un po’ di zucchero a velo sopra, è davvero delizioso.

Spesa pro capite di circa 20 €.

Raggiungiamo quindi  Ortakoy con un viaggio po’ periglioso. Optiamo per un autobus che transita su un ponte attraverso il Bosforo, ma poi bisogna cambiare bus ed è complicato, quasi nessuno parla inglese.  Ci tocca anche ricaricare le tessere magnetiche del trasporto pubblico presso le macchinette contrassegnate “AKBİL” ed è un’impresa: devi avere l’importo esatto che vuoi caricare sulla tessera perché non danno il resto, e averlo in banconote, perché non accettano monete.

Ortakoy è un  sobborgo che si trova proprio sotto il ponte sul Bosforo, al tempo stesso romantico e alla moda, con una moschea direttamente sul mare (purtroppo per noi era in restauro, si vedevano solamente i minareti). Assaggiamo la Baked potato (si chiama kumpir  e la puoi farcire con quello che vuoi).  Sarebbe stato meglio venire ad Ortakoy di domenica, perché è molto più animata dato che c’è un particolare mercatino, ma tutto non può essere perfetto.

Ancora  autobus e tram per tornare ad Istanbul centro, giusto in tempo per fare un salto al Gran Bazar: è un po’ tardi, si sente già il richiamo dei muezzin per la preghiera della sera. Il Bazar è un vero labirinto. Colpisce per la vastità e per le volte giallo oro, ma in sostanza è come tutti gli altri suk, con le solite cianfrusaglie per turisti, molto abbigliamento firmato “taroccato” e qualche botteguccia interessante di artigianato e arte orafa.

E’ già martedì, l’ultimo giorno a Istanbul per noi. Usciamo a far colazione. Indecisi se affrontare o meno la colazione turca, a base di formaggio, olive, pomodori, the e varie altre cose, finiamo, da italiani tipici,  per preferire una pasticceria proprio di fronte alla piccola moschea verde (Firuzağa Camii) nel quartiere di Cihangir, dai palazzi con le facciate colorate, zona molto frequentata dalla gente del posto.

Colazione ipercalorica, con cappuccino, brioches e baklava  (dessert ricchissimo di zucchero, frutta secca e miele) che decidiamo di smaltire affrontando una bella  passeggiata per raggiungere la piazzetta dominata dalla famosa torre di Galata.

Con 12 LT si prende l’ascensore fino alla loggetta e il panorama a 360° è assolutamente mozzafiato. Restiamo un bel po’  lassù ad ammirare Istanbul che si estende a perdita d’occhio, con  i suoi  minareti che si stagliano verso il cielo terso  di un azzurro intenso, e  ad osservare  il traffico navale  alla confluenza tra il Bosforo, il Corno d'Oro e il Mar di Marmara.

Non volendo perderci la Moschea del Solimano e avendo poco tempo, fermiamo un taxi. L’esperienza è deludente: mostriamo la nostra destinazione sulla mappa e partiamo fiduciosi, ma il tassista ci porta alla Moschea Nuova, poi  si ferma almeno due volte a chiedere informazioni, impiega un bel po’ a imboccare la giusta direzione, e non contento, all’ultimo bivio, dove l’indicazione è evidentissima, gira nel senso opposto. A questo punto gli intimiamo di fermarsi, paghiamo, e ce ne andiamo furiosi, sentendoci presi per i fondelli.

La moschea però ci tira su il morale. Lavoro del geniale architetto Sinan, è la più grande della città ed occupa l’intera collina della città vecchia. L’interno è più sobrio di quello spettacolare della Moschea blu. Da vedere  c’è la sontuosa  tomba di Solimano il Magnifico, nel piccolo cimitero adiacente.

La discesa verso Eminonu la facciamo a piedi, soffermandoci ad osservare  vari negozietti  che vendono gli articoli più disparati. Percorriamo a piedi il Ponte di Galata, affollatissimo di pescatori e per risalire da Karacoy verso la zona moderna proviamo la funicolare, detta "Tünel", costruita nel lontano 1875, che percorre il tragitto in pochi minuti, interamente in un tunnel (3 LT a testa). 

Siamo di nuovo nella Iskital Caddesi,  che percorriamo in direzione Taksim.

Vorremmo raggiungere il mercato del pesce e la via Navizade dove ci hanno detto esserci un ottimo ristorante chiamato “Saki”, ma non la troviamo e si sta facendo tardi. Ci fermiamo a pranzare sulla Iskital Caddesi, proprio a pochi passi da piazza Taksim, scegliendo un locale che propone come specialità il kebab, la pizza turca (lahmacun) e  il Künefe,  una bomba  calorica, costituito da una  pasta sfogliata di frumento tagliuzzata come i capelli d’angelo, in sciroppo, con  pistacchi e riempita con del formaggio.  Siamo pieni e il tutto per un prezzo praticamente irrisorio,  meno di 10 € a testa.

L’ora della partenza è arrivata. Raggiungiamo in fretta la nostra casa turca, dove ci aspettano i bagagli già fatti al mattino. Il tassista  arriva immediatamente. In breve siamo all’aeroporto, passiamo un primo controllo bagagli, necessario proprio per entrare. Mostriamo i passaporti al check in e poi ce li chiedono ancora mentre ci aggiriamo per l’aeroporto alla ricerca di  un ufficio postale dove riusciamo a spedire le nostre cartoline. Ancora controllo bagagli (ci fanno togliere anche gli stivali) poi ancora controllo passaporti. Più controllati di così…!  L’aereo è come un orologio svizzero e nonostante lo scalo  arriviamo a Malpensa in perfetto orario. E ora siamo già pronti per la prossima avventura.

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