Marmaris

Una giornata a Marmaris, in Turchia

Circa un mese fa ricevo una telefonata da mio padre, un suo amico fraterno al quale era stata offerta una crociera sul Mediterraneo si è ammalato, niente di grave, una brutta influenza che gli impedirà di partire. Ormai, a ridosso della partenza il viaggio non è più rimborsabile e la sua famiglia, come lui, è a letto malata.

marmaris

L’amico di mio padre crede ormai che il viaggio andrà perso quando, una fresca mattina di aprile, si ricorda di noi. Io sono molto titubante sull’offerta, devo iniziare uno stage proprio il giorno prima della data prevista per lo sbarco. Mi lascio persuadere e persuado il mio ragazzo perché mi accompagni, dopo circa due ore di vari ripensamenti capiamo che si tratta di un’offerta che non si può rifiutare: dodici giorni, undici notti, cabina esterna con balcone, all inclusive (bevande escluse), Grecia, Tunisia, Ciproaccettiamo!.

La partenza è prevista tre giorni dopo da Venezia. Dopo tre lunghi giorni di preparativi, di studi, di compere: siamo pronti! L’appuntamento è sul treno che ci conduce a Venezia e, dopo varie traversie arriviamo…
È mastodontica! La nave è più grande del mio condominio!

- 15 ponti
- 2.000 mq di aree pubbliche,
- 5 ristoranti
- 12 bar
- 2000 cabine (circa)
- Oltre 1000 persone di equipaggio
- Due piscine
- Un centro benessere
- Una palestra attrezzata e chissà cos’altro!

Partiamo da Venezia, primo giorno a Bari…pranzo al sacco con burrata e tarallini. Secondo giorno di eterna e sfiancante navigazione. Imparo perfino a giocare a tennis. Terzo Volos, quarto giorno Pireo, Atene; quinto Creta, Knosso; sesto Cipro…insomma giriamo il Mediterraneo fino a che, una bella mattina di aprile arriviamo in Turchia nello sconosciuto e selvaggio territorio di Marmaris.

Non so se per ignoranza, ma io ero completamente all’oscuro dell’esistenza di questa località e con me gran parte della nave.

L’equipaggio ci garantisce, rimarrete estasiati…e fu così. La Grecia in confronto non è altro che un’affollata regione bagnata dal mare. Io e il mio ragazzo ci svegliamo presto per goderci tutta la mattinata in giro.

Dopo la levataccia ci spetta una sana ed abbondante colazione: brioches, latte, surrogato del caffè, marmellata, macedonia ed un paninetto col salame. La sala della colazione è circondata da un’enorme vetrata. Sorseggiando il caffè vediamo in lontananza la terra ferma fra la sconfinatezza delle acque.

Quando arriviamo al panino, ci accorgiamo di essere circondati da una miriade silenziosa di isole ed isolette disabitate e colme di vegetazione. In lontananza si vede addirittura una cima innevata. L’arcipelago è talmente numeroso e fitto che la nave sembra dover sbattere prima a destra e poi a sinistra i suoi lunghi fianchi.

Quello che da lontano sembra un promontorio si rivela avvicinandoci un insieme di piccole lingue di terra che si nascondono e si amplificano in dimensioni l’una con l’altra. Finalmente il comandante inizia la procedura di accesso al porto e le manovre di parcheggio. Il paesaggio di Marmaris allo sbarco, alle 08.00 del mattino circa, sembra desolato.

Solo qualche tassista che sapeva che un’immensa imbarcazione di turisti sprovveduti sarebbe arrivata ci attendeva come un lupo aspetta la sua preda. Dopo aver contrattato un po’ con lui, infatti, riusciamo a raggiungere il centro della cittadina al modico prezzo di 5 euro per quindici minuti di guida.

Nessuno pare che ci aspetti. Entriamo nella zona commerciale per vedere i bazar ma le saracinesche sono tutte abbassate. Solo un uomo sta iniziando a pulire il suo negozio di pelletteria. Ci avviciniamo. L’uomo ci accoglie con cortesia e riguardo. Siamo i suoi primi clienti della giornata e vuole farci un regalo.

Intanto s’informa su di noi. Quando scopre che siamo i primi sbarcati su circa 4000, equipaggio compreso, si convince a lasciarci andare e si attacca al telefono. In pochi minuti, ma che dico minuti, in pochi istanti sentiamo il boato di decine e decine di saracinesche che si spalancano. Ogni negoziante fa a gara per accattivarsi, accaparrarsi, il cliente.

Qualcuno addirittura ci prende sottobraccio per accompagnarci di fronte alla sua vetrina, di cui è particolarmente fiero. Quell’uomo aveva avvertito gli altri, suoi possibili competitori, che quel giorno le casse sarebbero state colmate. Io prelevo per ben due volte al bancomat. I bazar sono pieni di griff, gran parte italiane. Tutto orgogliosamente falso. Scarpe, borse, valige, abiti, gioielli, orologi…tutto. E tutto di ottima e pregiata qualità.

Io compro i regali per la mia famiglia. Due orologi, un Rolex ed un Patek Philippe, due Lacoste, un abito tradizionale turco e due set di tè tipici con relative tazzine di vetro…e due braccialetti raffiguranti l’occhio turco, che porta bene, per la mia nipotina. I miei fratelli mi hanno confidato di non aver mai avuto una maglietta dal tessuto così morbido, nemmeno dalle loro vere Lacoste erano rimasti tanto sorpresi.

Mio padre sfoggia al polso un orologio che, a comprarlo originale, vale circa 30.000 euro! Per comprare questo orologio siamo rimasti nel negozio per circa 2 ore. Il mio ragazzo ne ha messo in funzione circa una ventina, se non di più, per verificarne la qualità. Tutti, se non consideriamo le copie cinesi che lo stesso rivenditore ci sconsiglia caldamente, trascorso questo tempo funzionano ancora…la carica regge.

Il negoziante è molto simpatico e caloroso ed è contento e soddisfatto che ci stiamo intrattenendo nel suo negozio. Ci offre addirittura il tè.

Chiama il commesso del bar dell’angolo e ci fa portare prima un tipico e saporito tè alla mela (da provare, è buonissimo) e poi un tè ai frutti rossi che si beve solo dopo aver intinto nel bicchiere un paio di zollette di zucchero.

L’unica controindicazione è la plin plin…sono altamente drenanti e, quindi, diuretici! Conosco, infatti, anche il bagno del negozio di orologi! Dopo aver acquistato, la moglie dell’orologiaio mi stringe la mano e mi dà un bacio sulla guancia…che carina.

Finalmente ci viene voglia di vedere altro e…ah! Dimenticavo. Compriamo anche una macchina fotografica Kodak, compresa di astuccio e memory card, ad un prezzo circa la metà rispetto all’Italia. Funziona benissimo, per chi stesse dubitandone.

Con gli zaini pieni di presenti e, dopo aver scritto ed inviato le cartoline, com’è d’obbligo in questi casi, comincia a farsi sentire un certo appetito…incontriamo un ragazzo dell’equipaggio della nave, che senza divisa stentiamo a riconoscere e che ci consiglia un ristorantino in cui trovare ristoro…appunto!

Usciamo così dalla parte commerciale della città e scopriamo il suo paesaggio. Un piccolo golfo ne racchiude l’essenza. I colori sono tutti quelli che dovrebbero essere in natura: verde, giallo, blu, celeste, marrone e le costruzioni cercano di non violare queste regole e non impattano con l’ambiente. Al più qualcuno ha una palazzina bianca.

Il profumo del mare è inebriante, ma fa ancora un po’ freddo per tentare di bagnarsi oltre i polpacci. Una passeggiata sul lungomare ci induce a pensare come si dovrebbe vivere lì, senza troppe premure, troppe preoccupazioni, troppi stress…ed il costo della vita per noi italiani è quasi comico.

Peccato che fra qualche anno adotteranno l’euro anche loro.

Troviamo, finalmente per i nostri stomaci, il ristorantino. Si tratta di una taverna con i tavolini e gli ombrelloni sul lungomare. Il suo nome è Divella. Il suo proprietario, anche lui molto espansivo, quando capisce la nostra nazionalità ci racconta di aver fatto un corso di cucina italiana biennale a Londra (?) e di amare tutto ciò che derivi dalla nostra cultura.

Premetto che a Marmaris, piccolo centro turco, a scuola si impara a parlare fluentemente inglese e francese, il tedesco lo imparano a livello discreto, solo per poter fare piccole comunicazioni. Non imparano l’italiano anche se spesso e volentieri troviamo chi ci saluta sbocconcellandone qualche parola. Alla faccia dei trogloditi! Questi a scuola ci danno una pista (come diciamo noi a Roma)!

Dopo un lauto pasto (ho dovuto rinunciare ad un pesce alla griglia a causa della penuria delle mie finanze dopo la mattinata d’acquisti ma ne sarebbe valsa la pena solo a vedere l’esemplare pescato) fatto di carne di tutti i tipi, patatine e cipolla…piccante (!!!) arriva l’ora di rimbarcare. Peccato che questa giornata sia finita così velocemente. Esiste più di un valido motivo per tornare a Marmaris e per scoprire qualche altro gioiello delle Turchia.

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