Ulan Bator

Transiberiana 2007 – I parte: Sulle tracce di Gengis

Transiberiana

Le altre puntate:

Transiberiana 2007 - II parte: Ulan-Ude, la Burianza
Transiberiana 2007 - III parte: Chita, la città dell'amore!
Transiberiana 2007 - IV parte: Estremo Oriente russo
Transiberiana 2007 - V parte: La fine della saga

Prologo

I nostri eroi, tornati entusiasti dalla transiberiana Omsk-Irkutsk dell'anno scorso, erano parecchio motivati a proseguire le loro esplorazioni fino all'oceano Pacifico ed al capolinea ferroviario più celebre ed ambìto dal viaggiatore: Vladivostok.
Per cui il consueto brainstorming per decidere la meta estiva, solitamente teatro di asperrimi dibattiti che neanche ad un congresso DS, è stato fulmineo: il tempo di decidere che, già che c'erano, una veloce scappata in terra mongola sarebbe stata una buona idea! Ed è da lì che comincia il loro fluviale resoconto.... buona lettura!
Giovedì 2 agosto 2007- Partenza!


Partiamo per questo ennesimo viaggio in terra di Russia pieni di aspettative. L'idea di affrontare anche un paese per noi inedito, la Mongolia, ci attizza ancora di più! Entusiasti, ci imbarchiamo sul nostro Aeroflot Milano-Mosca-Ulaan Baatar.
Con nostra sorpresa, già l'aereo per Mosca è strapieno di turisti che vanno in Mongolia! Ci sono invece dei giornalisti sportivi che si fermano a Mosca per una qualche amichevole di una squadraccia milanese. Riconosciamo Bruno Longhi ed il sempre mitico Alfiere di Montebelluna, a cui non abbiamo però il coraggio di chiedere una foto.
Sbarchiamo a mosca senza incidenti. Il successivo volo notturno per la capitale mongola ha, ahimé due ore di ritardo, ma a parte questo nessun problema. Durante il volo ci danno un sacco da mangiare ma dormiamo ben poco: spettacolare l'alba vista dall'aereo!
Venerdì 3 agosto - Ulaan Baatar

Ale sulla terrazza della guesthouse Arriviamo nella capitale mongola di prima mattina ad un'ora imprecisata, che coi fusi orari ci siamo un po' persi... in compenso, l'organizzazione messa in piedi via internet prima di partire è degna di una banca svizzera: agli arrivi ci attende un tizio della Gana's Guest House con cartello nominativo e pulmino d'ordinanza, come convenuto via mail.

L'aeroporto pare piuttosto sgrauso e il tentativo di prelevare dei nasturzi (simpatico nome zingaro dato alla valuta locale... il Tugrik!) è frustrato dall'inflessibile bancomat mongolo, per cui ci dirigiamo in città senza rimpianto alcuno.
Tempo mezz'ora e siamo arrivati: l'alloggio si trova sì in una zona centrale ma, diciamo così, di recente urbanizzazione... In sostanza l'asfalto non è ancora arrivato! E' tutto un crogiolo di catapecchie di lamiera e materiali di fortuna, loro tende caratteristiche (le ger) e piccole stamberghe di legno che ricordano tanto i bagni in cortile di qualche decennio fa. Il che è esattamente quello che sono...
In mezzo a questo coacervo di umanità provvisoria si stagliano i 2 piani della Guest House, unico edificio in muratura della zona: nel cortiletto c'é una tenda che funge da luogo di ritrovo e reception, al pianterreno della casa le stanze dormitorio, in quello superiore le camere vipps e la zona comune con un paio di tavolacci per la colazione.
Sul tetto han piazzato un paio di ger che fanno molto folclore, e pure da dormitorio. Noi per fare gli sboroni abbiamo prenotato una camera vipps, con (udite udite!) il bagno in camera, all'esorbitante cifra di $20 per notte. La nostra prestigiosa suite è dominata dal linoleum, è parecchio bassa e scura, col pavimento in pendenza, una minuscola finestrella con vista sulla fatiscenza del cortiletto di fronte, un WC nel quale si raccomandano di non buttare carta igienica e una doccia che, scopriremo poi, allaga il piano di sotto! Insomma ci troviamo subito a nostro agio, ed è comunque pulita. Il tempo di una doccia e siamo operativi.
La città, pur circondata da piacevoli verdi colline, non ricorda esattamente un paesino bavarese... è decisamente bruttina e incasinata: marciapiedi quando capita, voragini nelle strade, bancarelle a go-go e un gran rumore di clacson, vera colonna sonora di UB. Probabilmente il mongolo, per decreto presidenziale, deve suonarlo almeno una volta ogni 10 secondi.

Ci incamminiamo lungo la commerciale Peace Avenue fino al piazzone principale (Sukhbaatar Square) dove facciamo colazione con la prima ottima birra della giornata al Dave's Place, che scopriremo essere un trendissimo pub ritrovo di espatriati.
La tappa successiva è il Museo Storico Regionale, con pezzo pregiato lo scheletro di un dinosauro rinvenuto da queste parti che, con nostro grave scorno, non riusciamo a fotografare di straforo per le troppe guardie presenti. Il museo contiene anche tutta una serie di fotografie e cimeli dei mongoli primatisti in qualcosa (il primo astronauta mongolo, il primo mongolo a fare gol in rovesciata, cose così...), tutti insigniti della prestigiosa onoreficenza dell'ascia di Sukhbaatar, l'eroe nazionale, un incrocio tra Lenin e Garibaldi. Invece Gengis Khan a quanto pare non se lo fila nessuno.
Ci incamminiamo poi senza una meta per le vie di UB per respirare l'atmosfera cittadina. Tra auto, centri commerciali sgrausi e bancarelle all'aperto non è poi molto diversa dalle città siberiane da noi già esplorate, a cui si aggiunge però un tocco di casino da metropoli del sudest asiatico, ad esempio con micidiali ingorghi a croce uncinata!
A quanto pare, il mongolo, quando non è impegnato a saccheggiare le terre vicine in onore del suo passato, o tenta di investirti (semafori e attraversamenti pedonali assolutamente superflui e scientificamente non rispettati), oppure di scipparti (ci han provato con ZoT), oppure fa le pulizie (ossessione di tutti i camerieri visti all'opera).
In serata ceniamo in una birreria e poi cerchiamo di trovare una discoteca per sperimentare la rutilante vita notturna del venerdì sera: ad essere sinceri non abbiamo molto successo e giriamo insoddisfatti di locale in locale. Nell'ordine: tendone-birreria con gruppo rock e poi rapper mongolo di assai dubbio avvenire, birreria Brau Haus con ancora musica dal vivo con cantante gnocca, atroce pubbone anni 80 (London Pub) nel vialone principale con imperdibile proiezione di DVD dei Boney M, il cui cantante/ballerino diventa immediatamente il nostro idolo: a Milano apriremo un suo fan club!

Abbiamo ormai perso le speranze di trovare un locale decente quando ZoT, purtroppo, vede le insegne del Chicago, discotecona che si rivelerà praticamente vuota (ci saranno 10 persone, noi compresi) dove, per onore di firma, ci facciamo l'ultima birra della serata.
Sabato 4 agosto - Ulaan Baatar


Dopo la (discreta) colazione in guesthouse, che scopriamo ripiena di francesi zainati, ci accordiamo con Gana per il tour di 2 giorni al Terelj Park: 60$/50€ cadauno con trasporto e pernotto in famiglia tipica, partenza domenica mattina alle 10.
Il sabato lo dedichiamo alla visita della città, col favore di una bella giornata di sole. Iniziamo con il complesso buddista di Gandan Khiid (2.500 nasturzi l'ingresso), il più grande della Mongolia, con un gran buddhone di 26 metri, peccato non lo si possa fotografare! Il buddismo ci permea e ci divertiamo a girare le loro ruote della preghiera e a girare noi come due deficienti in senso orario all'interno dei datsan e intorno ai tempietti più piccoli, a fotografare i numerosi monaci presenti ed a guatare famelici le donazioni in cibo fatte ai vari buddhini...
Facciamo poi shopping al centro commerciale principale: c'é una grande esposizione di archi, selle e armature mongole che ci induce in grande tentazione, ma resistiamo! ZoT in compenso compra dei jeans Energie rigorosamente tarocchi per un niente, mentre Ale non trova nulla della sua misura o che gli piaccia: un tormentone che accompagnerà i due zingari fino a Vladivostok!
Proviamo poi a prenotare l'hotel a Ulan-Ude, nostra prossima tappa, senza successo: proviamo anche dall'ufficio turistico situato a due passi dal piazzone Sukhabaatar, e si fanno in quattro pur non risolvendo. Una signora a cui chiediamo informazioni per strada telefona ad un'agenzia col suo cellulare... In generale, non appena gli chiedi qualcosa, il mongolo si sente responsabile per te: proverà ad aiutarti e, se non è in grado, chiamerà amici e parenti fino alla terza generazione pur di darti una mano.

Saccheggiatore si, ma di animo gentile e generoso!
Andiamo quindi al Memoriale Zaisan in cima a una collina subito fuori città col bus 7 (400 nasturzi). Sbagliamo fermata e ci tocca scalare la collinetta fino al memoriale, capolavoro di realismo sovietico dedicato ai militi e agli eroi ignoti di tutte le guerre e da cui si gode una ottima vista della città. Poi sotto, al Buddha International Park, con altro Buddhone gigante coi capelli blu. Zot si diverte con tamburo e campana buddisti e smarrona tutti i turisti presenti.
Al ritorno ci godiamo un bello spuntino con shashlik sotto uno dei vari tendoni, approfittandone per chiedere dritte alle cameriere sul da farsi in serata. Purtroppo la ripidissima barriera linguistica che si erge tra noi aiuta poco... rientriamo in ostello percorrendo la via pedonale più dissestata del mondo.
La sera ceniamo bene in un ristorante un po' squallido ma soddisfacente, poi andiamo a farci un paio di birre al Ikh Mongol, localone molto ben frequentato, a giudicare dalle numerose ammiraglie che ci stazionano davanti; infatti e' strapieno e noi all'inizio troviamo posto solo nei tavoli fuori, ma fa freschino. Al tavolo davanti al nostro c'è la festa di un matrimonio, e il tasso alcolico appare proporzionato al numero di bottiglie vuote che troneggia sul loro tavolone!
Poi ci spostiamo all'interno, dove ritroviamo la stessa band della sera precedente che suona discretamente una serie di cover russe e non. E' bello vedere che tutto il mondo è paese: in generale non ci caga nessuno! Sembrano indifferenti agli occidentali, anche perché a UB se ne vedono parecchi e non rappresentiamo certo una novità.
Alla chiusura (le 24 - tutti i pub chiudono alla mezzanotte), riprendiamo la ricerca di una disco. Dopo un po' di pellegrinaggi troviamo l'Amrita: entriamo pagando 5.000 mnt. Dopo un po' parte uno spettacolino di varia umanità: tanto per non farci mancare niente, il primo è un classico spogliarellone di gruppo ed una delle signorine si strofina bella biotta sulle virilità zingare di Ale, che dimostra di apprezzare...

Seguono poi varie performance, tra cui il fachiro mangiafuoco, due acrobati-ginnasti che neanche i bulgari di Aldo Giovanni e Giacomo, uno spogliarello maschile e un gruppo di street dancers della mutua.
Dopo ricominciano le danze e ZoT conosce una tipa piccolina e scatenata, dall'improbabile nome di Uugii, con amica al seguito. Per fortuna Uugii parlucchia inglese! L'amica un po' meno, con grande disappunto di Ale. Comunque sia passiamo con loro il resto della serata, un po' in pista e un po' sui divanetti: entrambi gli zingari riscontreranno una simpatica usanza delle donne mongole: tastare il pacco del loro nuovo amico, così per farlo sentire a suo agio?! Forse è proprio a seguito del suddetto esame che le ragazze decidono che si è fatto tardi e ci piantano lì...
Rientriamo che son comunque le quattro passate, riconciliati con la nightlife mongola e pronti ad affrontare la natura selvaggia.
Domenica 5 agosto - Terelj Park


Partiamo alle 10 per la 2 giorni di escursione al celebrato parco nazionale di Terelj. Sulla Toyota siamo in 5: noi, l'autista che sembra Takeshi Kitano da giovane, un ragazzo che parla un po' inglese e sarà la nostra guida ed un bambinetto muto.
Le strade sono strapiene di buche e voragini, si viaggia lenti cercando di evitarle. Lungo le due ore e passa di strada ci fermiamo un paio di volte per fare foto della steppa, poi l'autista ci pianta in un villaggetto di contadini sperduto in mezzo alla natura e se ne torna col bambinetto a Ulaan Baatar.
Noi lasciamo gli zaini nel giardinetto di fronte alla casupola della famiglia che ci ospiterà, in una loro tipica tenda, la ger, che sarà la nostra dimora. E' molto carina, richiede giusto un minimo di spirito di adattamento: è tonda del diametro di circa 4 metri, lungo la circonferenza ha delle specie di divanetti durissimi che fungono da letti, un paio di seggiolini, due mobiletti, un lavandino alimentato a tanica, che va riempita ogni 30" d'uso.

Al centro una stufa a legna fornisce il riscaldamento d'inverno, per terra e lungo le pareti linoleum e qualche tappeto; un generale aroma di selvatico permea tutto l'ambiente. Il bagno si trova fuori ed e' una casetta di legno tutta raffazzonata con un water in lamiera che guarda direttamente sul centro della terra. Doccia non pervenuta, che tanto qui i fiumi abbondano!
Decidiamo di fare due passi nei dintorni che c'é un bel sole; il parco e' splendido, ovunque c'è del verde, un sacco di cavalli e bestiame vario al pascolo, qua e la' le loro ger bianche risaltano nella verzura circostante, e un altro microvillaggio a portata di vista. Noteremo che molti piccoli insediamenti sono prettamente dedicati ai turisti che si avventurano da quelle parti e necessitano di un posto per dormire.
Stiamo un po' in giro circondati da vacche ed erbetta, talmente in armonia con la natura che Ale decide di... concimarla un po'! Decidiamo poi di rientrare, che il cielo sta rannuvolando. Purtroppo non facciamo in tempo: un nubifragio epocale ci coglie nel mezzo di un... campo da basket (un unico canestro, storto, in un campo di patate) e quando raggiungiamo la ger siamo zuppi e pieni di fango! Tra una bestemmia e l'altra ci cambiamo e poi si va a mangiare.
La famiglia ci aspetta nella loro casa. Sono due stanze in legno: nella prima c'è la zona cucina, con una panca, il fornello per terra e pentolame vario, nella seconda un paio di panche/letto, due mobiletti, una tv, qualche foto di parenti ed in mezzo un tavolinetto basso con 3 seggiolini bello e apparecchiato dove ci accomodiamo con la guida. La nonna ha cucinato e ci serve in tavola. A quanto pare ci considerano ospiti di tale riguardo da lasciarci pranzare nella stanza buona per conto nostro.

Prima arrivano i loro tipici ravioloni ripieni di carne di montone, i buuz, poi un piatto di carne con cipolle e carote, infine una zuppa di verdura varia. Chiude il tutto una tazza di Nesquik e degli ottimi biscottini. Cibo fin troppo abbondante ed ottimo! Non è però previsto nulla da bere e questa stranezza si ripeterà anche nei pasti successivi.
Visto che piove ancora, ci ritiriamo poi nella ger dove cazzeggiamo e ci facciamo un bel pisolo. Nel pomeriggio, non appena spiove, decidiamo di vedere il villaggione prima del nostro, pomposamente definito Ulaan Baatar 2 (un'oasi di tranquillità, a 200 minuti dal centro della capitale!), che dista una mezzora di cammino. Qui troviamo una specie di baretto, con la signora che ci serve una birra coreana dall'elevatissimo tasso alcolico ed un succo multivitamina scaduto. Ovviamente non facciamo i difficili.
Nel villaggio si vede qualche occidentale in tenuta no limits pronto per chissà quale trekking. Incontriamo tra gli altri un omaccione canadese con tipa che ci chiede informazioni per un campeggio e di cui, con perfetto spirito mongolo, ci sentiremo responsabili nei giorni a venire.
Lungo la strada del ritorno, ormai permeati dalla mongolitudine che ci circonda, ci colpisce la consueta sindrome del paguro: vogliamo mettere su casa ovunque ci troviamo. Prende così forma la teoria dello zingaro mongolo e della sua orda di temibili saccheggiatori: lo zingaro cioè, sorta di moderno Gengis Khan, rifiuta la vita comoda della metropoli moderna e si trasforma in orda mongola, vivendo nomade a cavallo e cibandosi di ciò che riesce a cacciare col suo arco e saccheggiare qua e la' nei ritagli di tempo.
Nel frattempo ci accontentiamo dell'ospitalità della nostra famigliola: per cena ci tocca un bel piattone di carne e verdura con del riso e la solita zuppa di cipolle, cavoli e patate. Visto che non c'é una cippa da fare, dopocena facciamo due passi nel nostro villaggetto e poi andiamo a nanna non appena fa buio.

Si legge un po' a lume di candela e poi si dorme. Piove tutta la notte, ma la ger e' ben costruita e non passa una goccia.
Lunedì 6 agosto - Terelj Park e Ulaan Baatar


Purtroppo, ci si prospetta un'altra giornata di pioggia con qualche sprazzo di sole. Colazione alle 9: la signora ci stupisce con uova e pancetta! Poi, arriva il momento della temutissima passeggiata a cavallo; del resto, non è che possiamo fare l'orda a piedi...
Il curriculum dei due zingari al riguardo è miserrimo: ZoT ha all'attivo un'unica escursione 23 anni prima in cui suo cuggino si è quasi rotto l'osso del collo; Ale oltre la bicicletta non è mai andato, ma possiede tutta la collezione di Zagor e dice di essere forte nella teoria. Malgrado il nostro amico-guida ci spieghi i comandi di base, i cavalli fanno un po' quello che vogliono, soprattutto si fermano e ripartono quando ne han voglia loro. Nonostante ciò, dopo 5' ci autoconvinciamo di avere ormai gli equini sotto controllo. Alla fin fine riusciamo comunque ad andare in giro per un'oretta buona, beandoci sempre più della nostra mongolitudine: la trasformazione in orda è definitivamente compiuta! Il giro ci costa 5.000 mnt cadauno, cifra con cui la famigliola presumibilmente camperà qualche mese. Per noi fa 4 euri scarsi a capoccia...
Poi facciamo l'ennesima passeggiata fino a Ulaan Baatar 2, dove ci rifugiamo nei locali di un centro-vacanze coreano (?) pochi istanti prima che si scateni l'ennesimo breve, per fortuna, acquazzone. Tutta questa natura, a noi che siamo quantomai urbani, è più che sufficiente ed aspettiamo il pomeriggio quando si tornerà ad UB.
A pranzo la signora ci fa un altro piatto tipico, il khuu-shuur, da noi precedentemente conosciuto col più prosaico nome di friggione. Si tratta di una specie di panzerotto ripieno di carne e cipolle, veramente buono, tanto che non abbiamo difficoltà a far sparire i 5 che ci troviamo nel piatto.

A seguire la solita zuppa. Manca sempre la benché minima bevanda, a parte l'acqua calda per il tè (ma con solo una bustina da dividerci in 3 persone!).
Verso le 14 Takeshi Kitano ci passa a prendere per ritornare in città. Il viaggio è tranquillo, con sosta alla famosa roccia dalla forma di tartaruga per le foto di rito: un piccolo scherzo della natura su cui i mongoli campano da anni. Nel finale, il consueto gigantesco ingorgone ci dà il bentornato in città. La nostra guida, appassionata di hip hop, ci chiede se la sera può uscire con noi per andare in una disco che ci ha consigliato: prevediamo il trappolone ma accettiamo, dandoci appuntamento sul posto.
Una doccetta e siamo operativi. Ulaan Baatar sembra appena uscita da un'alluvione; ovunque pozzanghere e fango, camminare e' veramente un'impresa. Il sindaco della capitale e' un cane, non si capisce come possa resistere in carica con una città così disastrata! Ma forse al rude popolo mongolo piace quest'atmosfera generale di provvisorietà che ricorda i bei tempi del nomadismo selvaggio.
Andiamo a mangiare (bene) all'Ikh Mongol già testato la sera prima, ed Ale sostiene che il suo celebrato sguardo ingravidante abbia mietuto l'ennesima vittima; una russa abbastanza opulenta a cena con la mamma. Malgrado gli inviti di ZoT a chiudere la partita, lo zingaro non sa come comportarsi con la mamma presente (nonostante ZoT si offra coraggiosamente di intrattenerla), perciò perde l'occasione.
Ci rechiamo quindi all'appuntamento con la guida (che ovviamente aveva un nome di battesimo, ma era talmente impronunciabile che i nostri neuroni si sono rifiutati di memorizzarlo) al Club Max, dove lui millanta di essere di casa. Il posto non e' malaccio, anche se l'età media è bassina; sul tardi si riempie un po' e ci diamo alle danze. Da segnalare la pista da ballo basculante (in pratica è montata su sospensioni) che richiede movenze ai limiti dell'equilibrismo, assolutamente da importare in Italia!

Verso la mezzanotte ci sganciamo e facciamo i signori, pagando anche le consumazioni del tipo e del suo amico al seguito (a giudicare dal conto, avevano debiti risalenti all'anno precedente!) e ci fiondiamo all'Amrita.
Spuntiamo un minimo sconto all'ingresso; c'è un po' di gente in meno rispetto alla sera di sabato, ma l'ambiente è carino. Ale interloquisce un po' con una tipa a fianco ma non è motivato, e poi deve sfuggire ad un coreano ubriaco e molto socievole. ZoT, durante il "solito" spettacolino di spogliarello, viene cooptato sul palco e viene letteralmente lasciato in mutande a cura di una signorina abbigliata in modo analogo, la quale strusciandosi sul nostro provoca inevitabili quanto imbarazzanti reazioni fisiologiche difficili da dissimulare in certe condizioni... ne ricava una birra offerta dalla casa ed un clamorosa ovazione del pubblico presente -o almeno, lui se ne vanterà per giorni.
A seguire si dà alle danze con un'esaurita coreana che pretende di sapere l'inglese ma che in realtà parla un grammelot tutto suo. Come lunedì sera non c'è male: ad ora tardissima decidiamo che ne abbiamo abbastanza e ci dedichiamo alla nostra ultima notte di sonno nella guesthouse.
Martedì 7 agosto - in treno verso Ulan-Ude

Ci facciamo portare da un taxi in stazione verso mezzogiorno e prendiamo possesso del nostro lussuosissimo scompartimento di prima classe, dopo aver fatto provviste per il viaggio. Sarà che siamo in prima, fatto sta che il treno è pieno di occidentali che sembra la UE! Ci sono svizzeri, olandesi e spagnoli, in prevalenze fanciulle, in genere provenienti dalla Cina e diretti verso Ovest (Mosca e S. Pietroburgo).
ZoT non perde occasione per concupire le signorine dando sapide dritte sulle due "capitali" russe finché loro, stremate, si ritirano nei loro scompartimenti! Il resto della giornata passa tra letture e pisolini vari. Passeremo la frontiera con "solo" 5 ore complessive di sosta tra doganieri mongoli e russi, compilazione di astrusa modulistica e controlli di passaporti e visti....

arriveremo a Ulan-Ude di prima mattina.

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