California

Dreaming California – Parte III

California, cosa vedere: città, spiagge e itinerari in 10 giorni

Periodo: 23 agosto - 6 settembre 2008

11° giorno - 2 Settembre - Las Vegas

Nel finale del resoconto precedente non sono stato del tutto onesto: appena rientrato in albergo, nonostante fossero quasi le 2 di notte, e fossi in piedi da circa 19 ore, non resisto alle sirene del casinò e scendo, lasciando la mia fanciulla nelle braccia di Morfeo. Come da copione perdo, e nella maniera più scema, alle slot machines. Almeno perdere al tavolo da gioco dà la soddisfazione di aver avuto un avversario in carne e ossa, invece le slot sono solo delle autentiche mangiasoldi che ti attirano con le loro luci dai mille colori e i numerelli del jackpot che ti portano lontano con l'immaginazione. La perdita comunque è contenuta, non ho organizzato un viaggio low cost in California per regalare poi i soldi ai casinò. Torno in camera che sono quasi le 3, e scopro che Morfeo non ha abbracciato la mia ragazza manco per niente, sta vigile sul letto sul punto di venirmi a cercare per salvarmi dal vizio del panno verde.
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La mattina successiva prendiamo l'auto e facciamo un tour nella parte alta dello Strip, dove non siamo arrivati la sera precedente. E' la zona un po' più vetusta, cosa evidente dall'aspetto degli alberghi, ma ospita lo Stratosphere Hotel, con annessa torre che svetta nel cielo del deserto. Non saliamo però sulla torre, farlo di giorno è come prendere una birra analcolica all'Oktoberfest. Prenotiamo un tavolo nel ristorante in cima alla torre, ci verremo stasera a cena. Non è per nulla economico, ma una volta tanto si può fare. Qui mi siedo per la prima volta ad un tavolo da gioco, al blackjack, e dopo una mezz'ora mi alzo con un +7$ soddisfacente (non chiaramente per la vincita, ma per l'ebbrezza del tavolo da gioco misto al non aver perso.
Per il pranzo ci fermiamo da Denny's, catena di locali in stile Happy Days che prepara dei sandwich di tutto rispetto a prezzi ottimi.

Mangio un sandwich alla t-bone che non è altro che un'ottima bistecca in un panino, con contorno di gamberi alla griglia, patatine e onion rings. Di pomeriggio ci dedichiamo poi alla ricerca dell'escursione del giorno successivo. Stiamo cercando una gita al Grand Canyon che rispetti i seguenti requisiti: non duri tutto il giorno perchè ormai siamo lessi, non sia in bus per lo stesso motivo, ci faccia vedere il più possibile, atterri anche in un qualche punto per farci fare una bella passeggiata, non costi troppo. Per dirla con termini dei miei vecchi prof di ricerca operativa, questi vincoli producono una regione ammissibile vuota. Tradotto, chiaramente non c'è alcuna possibilità di essere accontentati, ogni soluzione viola almeno due vincoli. E poi sotto sotto vogliamo vivere il Grand Canyon e la Monument Valley girando in macchina come abbiamo fatto questi giorni, quindi rimandiamo la visita al prossimo viaggio.
In compenso faccio un po' di shopping, entrando in un negozio di articoli da gambling, dove compro più o meno tutto. Segnalo il cofanetto di fiches che col suo peso da orso morto mi rallegrerà il ritorno in albergo. Sempre in tema di shopping la sera prima abbiamo fatto anche un giro nel m&m's world, santuario delle colorate praline al cioccolato dove si può acquistare qualsiasi oggetto griffato nonchè le m&m's dei colori che più vi aggradano da una sfilza di distributori a parete.
Arrivata l'ora di cena, il pranzo di Danny's ancora si agita pesantemente per le viscere, quindi la cena sulla torre salta miseramente. La rimpiazziamo però con la visita alla torre. L'ingresso costa 13$, ma li vale tutti. Un ascensore dalla strabiliante velocità di 20 mph vi porterà su questa torre alta oltre 300 metri, da cui godrete di una vista mozzafiato delle luci della città. Vi sembrerà di essere stati proiettati di colpo in una molto realistica foto vista e rivista molte volte.

Mi ripeto, non saliteci di giorno, sarebbe un delitto, Las Vegas di giorno è come una meravigliosa sala banchetti a fine festa. Sulla cima della torre hanno montato purtroppo delle giostre da infarto al miocardio, effettivamente questa parte della città era ancora troppo poco pacchiana. Non ricordo se quella sera ho giocato a carte, e se non ricordo significa che ho giocato e perso.
12° giorno - 3 Settembre - Las Vegas

Che a Las Vegas non ci siano moltissime cose da visitare ormai è chiaro, infatti questa mattina la dedichiamo al relax. Armati di mezzo litro (non scherzo) di caffè, preso da uno dei due Starbucks interni all'albergo, di costume, asciugamano, libro, pinne, fucile ed occhiali, ci dirigiamo verso la piscina dell'albergo.
Ci aspettavamo sinceramente una piscina interna e pure piccolina, ci ritroviamo all'aperto in un'area, anch'essa in stile egizio, di estensione notevole che ospita due splendide piscine. Non mancano fontane, lettini, bar, spazi privati a pagamento dotati di ogni comfort. Non manca nulla, a parte un modo per schermarsi dal sole cocente. Eh si, picchia come un fabbro, ed a tratti picchia doppio. Le piscine infatti sono contigue ad un lato della piramide, che è costruita con pannelli in vetro scuro, per schermare l'interno delle stanze da occhi indiscreti. Questo però fa si che il sole riflesso sul vetro si tramuti in un doppio sole.
Giuro di non aver mai sentito così caldo in vita mia come quando si entrava nella zona del "doppio sole". E non si trattava del caldo come lo pensiamo noi, ovvero afa da boccheggio&sudore, ma somigliava molto di più ad un enorme forno. Sentivo la pelle bruciare nonostante il mezzo litro di crema protettiva spalmata, tanto che usciti dalla piscina nel giro di pochi minuti dobbiamo andare a cercare un'altra sistemazione. Stiamo ancora per poco, poi rientriamo in camera.

Ho sintomi da colpo di sole, e passo qualche ora a vegetare sul letto tra fiacca e brividi.
Nel pomeriggio e nella serata passeggiamo pascolando tra un casinò ed un centro commerciale. Da segnalare solo il Tropicana che offre qualche simpatico bonus ai nuovi giocatori e un croupier albanese dell'Excalibur. Questo croupier mi prende particolarmente in simpatia, mi dà consigli di gioco e chiacchiera allegramente con me e con altri ragazzi svizzeri del suo passato romano. Peccato che quella sera abbia più c*lo che anima, e nel giro di poco più di un'ora rastrellerà circa 500-600$ dai vari avventori che si alterneranno al tavolo da blackjack.
Rientrando in camera ci concediamo anche il lusso della roulette al nostro casinò, dove la mia ragazza mi fa rientrare di un po' di soldi persi al tavolo. Il bilancio finale della 3 giorni a Las Vegas è di -90$, poteva andare decisamente peggio.
13° giorno - 4 Settembre - Da Las Vegas a Los Angeles

Fine del carosello colorato più pazzo del mondo, ci si rimette in marcia per l'ultimo tragitto in auto che chiude il loop aperto ormai quasi due settimane fa. La strada da Las Vegas a Los Angeles, nonostante sia abbastanza lunga, di una facilità imbarazzante. A meno di un miglio dall'albergo imbocco la I-15, e lì rimango fino alla meta. Il tragitto è abbastanza lungo, sono circa 270 miglia, quindi un bel 4 ore in auto non ce le leva nessuno. La strada scorre come al solito tranquilla e monotona, ma mi perdo con la mente nel guardare questi paesaggi aridi e sterminati che probabilmente non vedrò più per un bel po' di tempo.
Non sono previste soste lungo il tragitto, ma ad un certo punto vediamo sull'autostrada un cartello: Calico, the Ghost Town. Mi si accendono subito delle luci in testa, e ricordo di aver letto della città qui sul forum.

In realtà ricordo anche che se ne parlava come un baraccone turistico, e che poco più lontano ce ne era un'altra di città fantasma molto più interessante. Purtroppo però la LP questa volta non ci viene in aiuto, e non riuscendo a trovare traccia di questa seconda città decidiamo comunque di fermarci a Calico.
La deviazione dall'autostrada è solo di 3 miglia, quindi in 5 minuti siamo al parcheggio. L'ingresso costa 6$ a persona, negli Usa sono capaci di venderti qualsiasi cosa. La città è un borgo del XIX secolo, tipica cittadina mineraria del far west, con tanto di saloon e barbiere. Tutto è in legno, e tutto è stato ristrutturato negli anni 50, e trasformato in effetti in un grande baraccone turistico. Peccato che abbiano asfaltato le strade, con la terra rossa tutto sarebbe stato più veritiero. Comunque l'atmosfera è carina, ti aspetti che da un momento all'altro spunti Sergio Leone per girare un duello all'ultimo sangue.
La visita dura molto poco, in mezz'ora si vede ampiamente quel poco che c'è da vedere, ma ci fermiamo in un punto ristoro per prendere un sandwich per pranzo. Il caldo è cocente, peggio della valle della morte, e in breve decidiamo di rientrare in macchina e proseguire. Da scemi abbiamo lasciato il navigatore sul cruscotto, esposto ai raggi solari ed alla temperatura da serra che si è sviluppata in auto. Risultato: quando lo accendiamo non dà segni vita. Si riprenderà alcune miglia dopo a seguito di una rianimazione a colpi di aria condizionata. Il resto del viaggio non offre particolari emozioni, se non vedere il termometro dell'auto segnare 101 °F di temperatura esterna, più alta che nella death valley.
Verso le 14 entriamo nella città degli angeli, e non senza aver sperimentato un po' del suo traffico, raggiungiamo l'ultimo alloggio del tour. Si tratta dell'Hollywood City Inn (96$ per un letto Queen), buon motel con piscina nella parte est di Hollywood.

Il motel si trova a poco più di un miglio dall'inizio della parte interessante di hollywood blvd, la via con le stelle a terra, quindi dopo un riposino ci incamminiamo a piedi.
Avevo letto con stupore che Hollywood è una zona non d'elite come ci si aspetterebbe, e non posso che confermare. La via delle stelle è orrenda, piena di negozi di piercing, tatuaggi e abbigliamento kitsch. Si salva solo un breve tratto, in corrispondenza del Kodak Theatre (dove fanno la kermesse degli Oscar), più curata e molto ben attrezzata. Lì accanto sorge anche il Chinese Theatre, sul cui marciapiede antistante ci sono le impronte di mani e piedi dei divi del cinema. E' uno spazio molto piccolo, ci saranno al massimo un centinaio di impronte, ma ho visto con orgoglio quelle di Mastroianni fare bella figura vicino a quelle di mostri sacri del cinema americano.
Le ore rimanenti le abbiamo trascorse con un mio amico che da anni si è trasferito a Los Angeles. Lavora nel mondo del cinema, occupandosi di effetti speciali per film e telefilm. Ha un buon lavoro, una bellissima casa lì vicino dove ci ospita per un aperitivo, e in generale sta 1.000 volte meglio di quando eravamo compagni di liceo a Roma. Mi racconta di tutto e di più del mondo Usa, dal modo di essere delle persone al sistema creditizio, dalla politica alla pochezza turistica di Los Angeles, dall'opulenza della California al mondo del lavoro a stelle e strisce. Per la sera ha già un impegno fissato da giorni, quindi ci accompagna in motel con la sua "macchinina" e, dopo averci segnato una lista di cose da vedere per il giorno successivo, ci diamo appuntamento per la cena del giorno dopo.
14° giorno - 5 Settembre - Los Angeles

Abbiamo solo un giorno per visitare la città degli angeli, ma a quanto pare non è che ci sia poi questo gran chè da vedere per un visitatore.

Decidiamo di saltare gli Hollywood Studios e Disneyland, ci sembra che sia sprecato passare l'unica giornata a Los Angeles dentro un parco tematico. Più tardi ce ne pentiremo.
Il giro è fondamentalmente in macchina, a queste latitudini senza non si va da nessuna parte. Partiamo incamminandoci sul Sunset Boulevard, con destinazione Santa Monica. Sulla strada ci sono Beverly Hills e Bel Air, e chiaramente non si può resistere dal fare un giro nella zona residenziale più in e famosa del mondo. Ci asteniamo però dall'acquistare la tamarrissime mappe con le case delle star, e ci accontentiamo di vederne qualcuna di quelle segnalate dalla Lonely Planet.
Tra tutte le case segnalo quella di Aaron Spelling, un castello di circa 130 stanze a Bel Air dove vivevano in 4... La zona è chiaramente da sogno, la peggiore di quelle case equivale al massimo che una persona normale può aspirare come abitazione nella propria vita. Ed è deserta. non c'è nessuno in giro, non ci sono macchine parcheggiate nelle strade, si vedono solo giardinieri intenti a curare i faraonici giardini (in alcuni casi sarebbe più opportuno foreste). A ben vedere credo che qui sia il paradiso dei giardinieri.
Usciamo da Bel Air e riprendiamo il Sunset, ma prima occorre una sosta al benzinaio. Lo troviamo non senza fatica, e decidiamo di mettere solo 10$, dopotutto la mattina dopo la dobbiamo restituire senza pieno. Per la prima volta da quando sono qui alla pompa mi si avvicina un tizio che farfuglia qualcosa nel suo (per me) incomprensibile inglese. Mi serve i miei 10$ e inizia un'opera certosina di pulizia di vetri e fari... Alla fine capirò che quelle cose che mi ha farfugliato all'inizio erano una domanda per sapere se volevo servirmi da solo o preferivo il "full service". Evidentemente ho optato per il secondo (?) che prevede la pulizia dei vetri e un prezzo della benza vagamente rialzato.

Invece dei 4$/gallone del self service me ne leva ben oltre 5! Si, avete capito bene, se girate in auto per gli usa fatevi sempre benzina da soli... La cosa più seccante è che in questo modo ho messo molta meno benzina del previsto, e dovrò fermarmi di nuovo...
Procediamo nel traffico infernale della città fino alla costa (da Hollywood a Santa Monica sono quasi 30 miglia...), dove ci dirigiamo come prima cosa a Malibu. Belle spiagge, ma niente di più, anche perchè l'assoluta impossibilità di parcheggio ci convince a una veloce ritirata. Torniamo a sud dove ci fermiamo a Santa Monica per una passeggiata sulla 3rd Street Promenade, una graziosa isola pedonale dove passeggiare qua e là. Ma non ci entusiasma più di tanto, sarà anche colpa del cielo bianchiccio che rende tutto più triste. Proseguiamo ancora verso Venice, ma anche qui non ci fermiamo per niente.
E' ormai ora di pranzo, e decidiamo di tornare in zona Hollywood per pranzare lungo la via che fronteggia l'ingresso degli Studios, su consiglio del mio amico. Altro traffico infernale, e indovinate? Quando arriviamo non c'è modo di parcheggiare, se non lasciando 12$ al parcheggio degli Studios. Diciamo che a quel punto l'incazzatura era sovrana, quindi non siamo stati nemmeno più di tanto a girare, e ripartiamo per The Grove, un elegante centro commerciale dove sgranocchiare qualcosa. Manco a dirlo, non lo troviamo e ci fermiamo al Fairfax Market, mercatino all'aperto dove mangiamo velocemente qualcosa. Passiamo poi a fare un po' di shopping tecnologico, o almeno quello era l'obiettivo. Andiamo al più vicino Best Buy, un megastore dell'elettronica made in usa, dove troviamo prezzi quantomeno sulla media italiana, in alcuni casi anche più alti.
A questo punti ci dichiariamo sconfitti da Los Angeles, e ce ne torniamo mestamente al motel, dove trascorreremo il resto del pomeriggio in piscina.

Stento a credere che nell'unica giornata a disposizione per visitare una delle città più famose del mondo, me ne sto a prendere il sole in piscina, ma del resto delle circa 8 ore passate in giro ne abbiamo trascorse almeno 7 in macchina nel traffico, nemmeno a Roma sul raccordo mi capitano cose del genere. Col senno del poi avremmo fatto molto meglio a passare la giornata in un parco tematico, ma parlare dopo non serve a nulla.
Per fortuna la serata è molto più piacevole. Siamo d'accordo con il mio amico di uscire a cena insieme, ma pensiamo che sia più carino cenare in casa. Il cibo però lo andiamo lo stesso a prendere al ristorante, Bossanova, locale brasiliano sul Sunset. Ordiniamo pollo alla Stroganoff, filetto di manzo condito con banane fritte (???) ed una "pepperoni pizza" formato Usa, ovvero gigante. Ottimo il pollo e il filetto, da amanti del genere le banane fritte, assurda la pizza. Innanzitutto il formato è maxi, ma poi è anche maxi in ogni cosa! L'impasto è alto almeno un centimetro, e sopra c'è altrettanto mozzarella. Le fette di salame (a proposito, pepperoni pizza è la pizza col salame...) coprono ogni spazio, si stenta a vedere la mozzarella. Con gli stessi ingredienti in Italia ce ne facciamo almeno 5 di pizze. Certo, l'impasto non è lo stesso a cui siamo abituati noi, ma nel complesso è stata una pizza molto gradita.
La serata scorre tra chiacchiere e risate, e verso le 23 usciamo per un giro notturno della città. Andiamo a Downtown, zona d'affari assolutamente deserta di sera ma magica nei suoi palazzoni enormi e illuminati. Riportiamo a casa il mio amico e ce ne torniamo in motel. La vacanza è finita, domani si torna a casa.

15° giorno - 6 Settembre - Da Los Angeles a Roma

Sveglia e colazione, è l'ultimo giorno qui dall'altra parte del mondo. Tra poche ore si riparte per tornare a Roma, al lavoro, al tram tram quotidiano.

Tristezza, come sempre; e ancora di più, a pensare che il viaggio durerà un tempo immenso. La colazione la gusto con calma, seduto a bordo piscina nel nostro motel di Hollywood. Gustare è un parolone, è pur sempre il solito caffè slavato con la solita ciambella burro&zucchero, diciamo che mi sto gustando questi ultimi sprazzi di americanità.
Il fatto di esserci spostati così di frequente ha fatto sì che le valige non siano state disfatte più di tanto; in poco più di mezz'ora abbiamo impacchettato tutto, la parte più difficile è stata farci entrare anche gli acquisti. Io ero convinto che ne saremmo dovuti andare a comprare un'altra, la mia ragazza no, e come sempre su queste cose ha ragione lei. Ma il mio trolley sta ospitando il set di fiches, e pesa come un comò Luigi XVI...
Caricata la Sebring e riconsegnate le chiavi ci avviamo verso l'aeroporto. Non manca il finale da brivido, con la lancetta della benzina che è tornata nuovamente ad accendersi e noi che dobbiamo percorrere una ventina di miglia, ma non ho intenzione di regalare benzina alla National, così prendiamo il rischio. Va tutto bene e verso le 11.30 siamo in Aviation Blvd a riconsegnare l'auto. Al LAX gli autonoleggi sono molto fuori l'aerostazione, anzi a dirla tutta stanno proprio distanti dall'aeroporto, quindi ci serviamo della navetta gratuita per raggiungere il Terminal 5. Il check-in è rapido, e altrettanto i controlli di sicurezza. Mi aspettavo lunghe file e controlli serrati, invece non sono per nulla diversi da quelli a cui siamo abituati in Europa. Per farla breve sono davanti al mio gate 3 ore prima della partenza del volo.
Il LAX è un aeroporto molto spoglio, pochi negozi e punti di ristorazione. E posso dire di averne vista una bella fetta, nelle 3 ore di attesa avremo percorso 3-4 km dentro i vari terminal.

Per sfamarci ci facciamo fregare da un posto che ci propina una pizza formato neonato, poi spendiamo gli ultimi 10$ in schifezze per il viaggio e torniamo al gate.  Per fortuna prima di imbarcarmi riesco a cambiare i posti, ottenendo la prima fila della classe economica, stesso posto dell'andata. Non avere nessuno davanti che ti reclina lo schienale addosso e' decisamente un modo migliore di passare 13 ore. Se vi capita di prendere un B772 di Alitalia vi consiglio i posti 15C e 15J, ovvero i due posti lato corridoio della prima fila delle due colonne laterali di economy: oltre a non avere nessuno davanti non c'è nemmeno la paratia, ma la tenda che separa la economy dalla magnifica, quindi c'è spazio per allungare bene le gambe. Del volo c'è ben poco da dire, se non che passa molto meglio dell'andata. Innanzitutto è più corto, in virtù della differente rotta che sfrutta i venti invece che evitarli, e si riesce anche a dormire qualche ora, tra un pasto e un film.
L'evento da raccontare del volo di ritorno è senza dubbio la conoscenza che facciamo: poco prima della partenza viene a sedersi vicino a noi un ragazzo sui 40 anni, romano di nascita ma trapiantato in California. Sta tornando in Italia dopo 9 anni che non tocca il suolo natìo, e lo fa per inderogabili motivi. Già prima del decollo ci ha raccontato il 75% della sua vita, e continuerà per diverse ore con una piacevole logorrea.
Ci racconta che a 16 anni si è trasferito a Los Angeles per fare il musicista, seguendo il sogno della sua vita. Come accade nella maggiornza dei casi non ci riesce, e presto si ritrova lavapiatti. Da lì passa a cameriere, trascorrendo gli anni a Santa Monica. Finchè non incontra la persona giusta: Warren Cuccurullo. Gli propone il progetto che ha con un suo amico, aprire un ristorante italiano di lusso a Santa Monica.

Detto fatto. Warren ci mette i soldi, loro il lavoro.
Diventano tre soci, ed ora gestiscono uno dei ristoranti italiani più in di tutta la costa occidentale. Il ristorante si chiama Via Veneto, è a Santa Monica, e gli garantisce un guadagno mensile pari a quello mio di un anno, forse qualcosa di più. Ospita i party degli attori famosi, mi fa vedere sul cellulare le foto di lui con Tom Cruise e Victoria Beckham, sta riportando al padre un cappello alla Indiana Jones autografato da Harrison Ford. Mi dice che ha lavorato tantissimo, da mattina a sera 7 giorni su 7, ma il prossimo anno si ritira in Australia. Ha comprato casa sulla barriera corallina, ha spostato una ragazza australiana (figa colossale) ed hanno una figlia. Lascia il general manager a gestire il ristorante (anzi, i ristoranti, hanno appena aperto anche ai Caraibi) e a spedirgli i soldi, e lui se ne va a pescare e fare barbecue sulla spiagga aussie.
Che dire, un'altra prova che ogni tanto il sogno americano si avvera. Di sicuro per uno che ha sfondato in questo modo ce ne sono 1.000 che hanno sbattuto la testa contro il muro, ma di sicuro negli states qualche possibilità in più di farcela esiste.

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